David Bohm: l’Universo come ologramma

(01) E’ impossibile non restare affascinati dalla profondita’ con cui David Bohm ha saputo spezzare gli stretti vincoli del pensiero scientifico dominante, per costruire un’idea immensa del tutto nuova, consistente al suo interno, logicamente potente al punto da spiegare fenomeni molto diversi, con un punto di vista del tutto nuovo. Un’idea che intuitivamente moltissimi trovano talmente splendida da pensare che se anche l’Universo non e’ cosi’ come lo descrive Bohm – sarebbe meglio se lo fosse. John P. Briggs e David Peat, autori di Looking Glass Universe.

Il percorso che porta David Bohm a concepire l’Universo strutturato come un ologramma inizia nello studio dell’abisso piu’ profondo, cioe’ del mondo delle particelle subatomiche. Il suo interesse per la scienza sboccia in eta’ assai giovane. Da ragazzo, in Pennsylvania dov’e’ cresce, inventa un nuovo tipo di bollitore da the… suo padre, uomo d’affari di successo, lo spinge a trasformare l’ idea in soldi. Non appena il giovane David scopre che per realizzare il compito deve andare di casa in casa ad offrire il prodotto, l’interesse per il business svanisce.

A non svanire, invece, e’ l’interesse per la scienza, e la sua prodigiosa curiosita’ lo spinge a nuove sfide. La piu’ grossa lo attende allo State College della Pennsylvania nel 1930, quando inizia ad interessarsi di fisica quantistica.

E’ facile capire come possa restarne affascinato. Lo strano nuovo territorio che i fisici avevano scoperto esplorando il cuore dell’atomo conteneva cose talmente stupefacenti che nemmeno Marco Polo o l’esploratore Cortes avevano mai visto nei loro viaggi.

Cio’ che intriga David e’ il fatto che, in questo nuovo mondo, tutto sembra contraddire le piu’ elementari norme del buon senso. Sembra un mondo regolato dalla stregoneria invece di un approfondimento del mondo normale che tutti conosciamo… una sorta di “Regno di Alice nel paese delle meraviglie” in cui forze mistiche sono la regola, ove cio’ che riconosciamo come logico e’ sovvertito.

Una scoperta sorprendente della fisica quantistica e’ che spezzando la materia in pezzi sempre piu’ piccoli, si raggiunge un punto in cui essi – cioe’ particelle come elettroni, fotoni, ecc. – non hanno piu’ le proprieta’ per chiamarli veri e propri “oggetti”. Ad esempio, chiunque immagina un elettrone come una piccola sfera, ma la realta’ e’ lontanissima. Sebbene talvolta l’elettrone possa anche comportarsi da piccola particella, i fisici hanno scoperto che esso letteralmente non ha alcuna dimensione. Per ogni persona comune e’ difficilissimo immaginarlo, perche’ qualunque cosa che conosce ha dimensione. Eppure, se si tenta di misurare la larghezza di un elettrone, si scopre che e’ un compito impossibile. L’elettrone, semplicemente, non e’ un oggetto come noi intendiamo questa parola.

Un’altra scoperta incredibile e’ che l’elettrone puo’ manifestarsi sia come particella che come onda. Se si spara un elettrone su uno schermo televisivo spento, compare un puntino luminoso laddove colpisce le sostanze chimiche fosforescenti che coprono il vetro. Il singolo punto d’impatto rivela chiaramente la natura dell’elettrone come “particella”.

Eppure, non e’ l’unica forma che puo’ assumere. Puo’ anche dissolvesi in una sfocata nube di energia, e comportarsi come se fosse un’onda distribuita in una porzione di spazio. Quando l’elettrone si manifesta come onda, puo’ fare cose che nessuna particella e’ in grado. Ad esempio, se viene sparato contro una barriera su cui siano presenti due fessure, le puo’ attraversare contemporaneamente. Se due elettroni che si comportano da onda entrano tra loro in contatto, producono lo schema d’interferenza tipico delle onde.

Insomma, l’elettrone puo’ talvolta manifestare proprieta’ da onda, talvolta da particella.

Questa camaleontica abilita’ e’ comune a tutte le particelle subatomiche. E’ comune persino ad un sacco di raggi che un tempo si pensava fossero “solo” onde: la luce stessa, i raggi X, i raggi gamma, le onde radio – possono tutte cambiare forma ed agire anche da particella.

I fisici moderni ritengono addirittura che i fenomeni atomici non dovrebbero essere classificati come “onda” oppure “particella”, ma come qualcosa che e’ sia l’una cosa che l’altra. Queste cose sono dette quanta, ed i fisici ritengono che siamo i componenti fondamentali di cui tutto l’Universo e’ fatto.

Eppure la proprieta’ piu’ folle ma vera che i quanta manifestano e’ il fatto di comportarsi da particelle solo quando vengono osservati. Per esempio, se un elettrone non viene osservato, gli esperimenti dimostrano che si comporta sempre da onda. I fisici sono in grado di dirlo perche’ hanno costruito delle tecniche per dedurre il comportamento dell’elettrone quando non viene osservato (ad onor del vero e’ solo una delle possibili interpretazioni, non tutti i fisici la condividono, e lo stesso David Bohm, vedremo, ha una diversa idea).

Tutto cio’ sembra pazzesco, persino magico, lontanissimo da cio’ che ci aspetteremmo, date le nostre conoscenze ed abitudini del mondo in cui viviamo quotidianamente.

Immaginate di prendere una palla da bowling… e che sia tale solamente mentre la guardate. Immaginate ora di coprire la pista da bowling con polvere di talco, e di lanciare la palla contro i birilli.

Mentre la osservate, la palla disegna sul talco una linea che ne descrive la traiettoria. Immaginate ora, mentre la palla e’ circa a meta’ della pista, di chiudere brevemente gli occhi e poi di riaprirli. Guardate la superficie di talco, e vedete che, mentre avevate gli occhi chiusi, la palla da bowling non ha continuato a percorrere una linea dritta ma ha descritto una specie di linea ondulata… poi la osservate di nuovo, e torna a descrivere la linea.

Questa situazione apparentemente pazzesca e’ esattamente paragonabile al mondo della fisica quantistica, cioe’ al comportamento “da particella” degli elettroni quando vengono osservati, e “da onda “ quando non vengono osservati.

Il fisico Nick Herbert ha detto che questa apparente follia del mondo quantico lo induce a immaginare il mondo come una sorta di “zuppa” radicalmente ambigua e che muta senza sosta… ma ogni volta che apre gli occhi per vederla, questa si blocca in una specifica posizione che e’ la “realta’ ordinaria” a cui siamo abituati. Secondo Herbert, cio’ rende ogni uomo una sorta di piccolo Re Mida, che non poteva mai toccare un oggetto cosi’ come questo fosse davvero, perche’ subito si trasformava in oro: “Cosi’ gli esseri umani non possono mai avere esperienza del vero tessuto della realta’ quantistica perche’ tutto cio’ ove posano lo sguardo si trasforma in materia”

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BOHM E L’INTERCONNESSIONE

Un aspetto della realtà quantistica che Bohm trova particolarmente interessante è l’insolito stato di interconnessione che pare esistere tra eventi subatomici a prima vista scollegati. Ancora più sorprendente il fatto che pochissimi fisici danno peso alla cosa. A dirla tutta, e’ talmente poca l’attenzione a questo fatto, che uno dei più celebri esempi di interconnessione rimane celato in una delle assunzioni più elementari della fisica quantistica… per anni prima che qualcuno se ne accorga.

L’assunzione era stata postulata da uno dei padri stessi della fisica quantistica – il danese Niels Bohr. Egli sottolineò che se le particelle subatomiche esistono solo in presenza dell’osservatore, allora non ha semplicemente senso parlare di proprietà delle particelle in assenza dell’osservatore.

Questo disturbava moltissimi fisici, perché, dicevano, il senso stesso della scienza sta proprio nello scoprire le proprietà dei fenomeni fisici. Ma se è l’atto stesso di osservazione che crea la proprietà che si vuole osservare – che cosa significa questo per il futuro stesso della scienza?

Uno di questi fisici particolarmente disturbato dall’idea di Bohr e’ nientepopodimeno che Albert Einstein. Nonostante avesse avuto un ruolo gigante nei primi passi della teoria quantistica, non e’ per niente contento della direzione presa da questa scienza. Secondo Einstein, la conclusione di Bohr per cui le proprietà di una particella non esistono finché qualcuno non le osserva è particolarmente criticabile perché, se combinata con altre scoperte quantistiche di cui diciamo sotto, l’implicazione è che le particelle subatomiche sono interconnesse in un modo che Einstein riteneva semplicemente impossibile.

Quest’altra scoperta è che alcuni processi subatomici creano delle coppie di particelle con proprietà identiche o fortemente correlate.

Si consideri ad esempio il positronio, un atomo molto instabile, costituito solamente da un elettrone e da un positrone, ove quest’ultimo è identico ad un elettrone, ma ha carica positiva.

Siccome il positrone è esattamente la particella opposta all’elettrone, se si scontrano si annullano l’un l’altra e decadono in due particelle di luce chiamate “fotoni”, che partono a viaggiare nello spazio in direzioni opposte.

Ebbene, la scoperta è che non importa quanto i due fotoni si allontanino l’uno dall’altro – non appena uno dei due viene misurato, essi vengono ad avere sempre lo stesso angolo di polarizzazione (la polarizzazione è l’orientamento nello spazio che tende ad avere la funzione d’onda del fotone, mentre viaggia nello spazio allontanandosi dal punto d’origine).

Nel 1935 Einstein con i colleghi meno noti Boris Podolsky e Nathan Rosen pubblica un saggio diventato famoso: “Può la descrizione quantistica della Realtà essere considerata completa?” , ove spiegano per quale motivo l’esistenza delle “particelle gemelle” descritte sopra dimostra, secondo loro, che Bohr deve avere torto.

Einstein-Podolsy-Rosen ragionano così: due simili particelle, ad esempio i due fotoni emessi quando il positronio decade, possono benissimo essere prodotte in un esperimento, permettendogli di viaggiare a distanze enormi l’una dall’altra. Ad un certo punto, una di esse, o entrambe, viene catturata per misurargli l’angolo di polarizzazione. Ora, se l’angolo di polarizzazione misurato esattamente nello stesso attimo è identico per entrambe, e se Bohr ha ragione che la proprietà dell’angolo di misurazione non esiste prima dell’atto stesso di misurazione, allora significa che necessariamente in qualche modo le due particelle comunicano contemporaneamente tra di loro, stabilendo il comune angolo di polarizzazione.

Il problema è che secondo la Teoria Speciale della Relatività di Einstein, nulla può viaggiare più veloce della luce… per cui secondo Einstein-Podolsy-Rosen non è possibile definire la Realtà in alcun modo “ragionevole” che permetta connessioni più veloci della luce. Quindi, Bohr deve avere torto. Questa argomentazione è nota come il “paradosso EPR”, dal cognome dei tre scienziati.

Eppure Bohr non si lascia turbare… invece di considerare connessioni più veloci della luce, presenta un’altra possibile spiegazione: se le particelle non vengono ad esistere prima di essere osservate, non possono allora nemmeno essere più pensate come “oggetti indipendenti”. Per cui Einstein, secondo Bohr, commette un errore essenziale a considerare le particelle separate. Esse sono elementi di un unico sistema indivisibile, e non aveva semplicemente senso concepirle altrimenti.

Con l’andare del tempo, sempre più fisici aderiscono alla posizione di Bohr, soprattutto perché la teoria quantistica si dimostra molto consistente a prevedere fenomeni fisici, per cui pochissimi scienziati si azzardavano a pensare che fosse in qualche modo “sbagliata”.

Poi, negli anni ’80 la tecnica permette finalmente di verificare sperimentalmente le affermazioni di Einstein-Podolsky-Rosen, dimostrando che esistono davvero sorprendenti connessioni tra particelle, indipendenti dalla distanza.

Eppure, questo fatto rimane sorprendentemente ignorato… la questione dell’interconnessione, non appena raggiunge il trionfo, viene di nuovo spinta sotto il tappeto.

UN MARE VIVENTE DI ELETTRONI

All’inizio della carriera, anche Bohm accetta la posizione di Bohr, restando solo stupito dal poco interesse che questi, ed i suoi discepoli, mostrano verso la questione dell’interconnessione.

Dopo la laurea in Pennsylvania, Bohm va all’Universita’ di Berkeley in California, ove prende il dottorato nel 1943, lavorando al Lawrence Berkeley Radiation Laboratory.

Qui, incontra un altro impressionante esempio di interconnessione… inizia a sviluppare un lavoro sul plasma, che restera’ un punto di riferimento assoluto!

Un “plasma” e’ un gas che contiene con elevata densita’ elettroni e ioni positivi . Bohm resta stupito quando nota che gli elettroni, una volta contenuti nel plasma, smettono di comportarsi come unita’ separate le une dalle altre, bensi’ come se fossero parte di un tutt’uno interconnesso.

Guardando gli elettroni ad uno ad uno sembra che abbiano un movimento casuale, ma gruppi piu’ ampi riescono a produrre comportamenti che appaiono sorprendentemente ben organizzati.

Come una sorta di ameba, il plasma si rigenera costantemente, ed isola le impurita’ in un punto preciso, con un comportamento che ricorda quello di organismi viventi che isolano sostanze estranee in cisti.

Bohm rimane talmente affascinato da queste qualita’ “organiche” degli elettroni, che dira’ spesso di avere l’impressione che “il mare di elettroni sia vivo”.

Nel 1947 accetta una cattedra a Princeton, prova di quanto sia ormai stimato, ed approfondisce le ricerche relative al comportamento degli elettroni nei metalli.

Ancora, osserva che comportamenti apparentemente casuali di singoli elettroni, riescono pero’ a produrre effetti complessivi altamente organizzati. Come i plasma studiati a Berkeley, si tratta di fenomeni che non coinvolgono solo poche particelle, ma interi “oceani” di particelle ove sembra che ognuna di esse sappia cosa stiano facendo gli altri miliardi di miliardi di particelle.

Bohm decide di chiamare questi movimenti collettivi con il nome di plasmoni… una scoperta che ne definisce il prestigio come fisico.

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IL DISINGANNO DI BOHM

Bohm inizia a provare un disagio crescente verso l’interpretazione di Bohr della fisica quantistica, sia perche’ sente che la questione dell’interconnessione e’ importantissima, sia perche’ non e’ soddisfatto di altre scuole di pensiero alternative che stanno nel frattempo emergendo.

Dopo tre anni di insegnamento a Princeton, decide di migliorare la comprensione della materia, e per questo scrive lui stesso un libro di testo, al termine del quale ancora non sente di essere d’accordo con quanto la fisica quantistica andava dicendo… cosi’ manda alcune copie del libro sia a Bohr che ad Einstein, per chiederne l’opinione. Bohr nemmeno risponde, mentre Einstein lo contatta per dirgli che, poiche’ entrambi vivono a Princeton, sarebbe il caso di incontrarsi per parlarne. Il risultato e’ una serie di profonde conversazioni durate sei settimane, ove Einstein esprime a Bohm l’ammirazione per la chiarissima esposizione della fisica quantistica… e riconosce lui stesso di non essere soddisfatto dello stato in cui versa la teoria.

Conversando, entrambi questi straordinari personaggi riconoscono alla fisica quantistica la capacita’ di prevedere i fenomeni studiati… ma cio’ che li turba e’ che essa non da’ nessuna spiegazione “sensata” della struttura del mondo. I seguaci di Bohr dichiarano persino che “la teoria quantistica e’ completa” e che “non e’ possibile giungere ad alcuna spiegazione piu’ chiara di cio’ che succede nel mondo subatomico”. Come dire: non esiste alcuna realta’ piu’ profonda del mondo subatomico, quindi nessuna risposta piu’ profonda puo’ essere trovata – questo disturbava la sensibilita’ filosofica di Bohm ed Einstein.

Cosi’, Bohm, ispirato dalle conversazioni con il grande collega, inizia ad accettare che i dubbi che provano hanno eccome senso, e decide di cercare una interpretazione alternativa. Quando il suo libro di testo – Teoria Quantistica – viene pubblicato nel 1951, diventa rapidamente un classico, ma in una materia della quale lo stesso autore non e’ piu’ sicuro. La sua mente cerca gia’ una spiegazione piu’ profonda, un modo migliore di descrivere la realta’ al suo livello piu’ elementare.

UN LIVELLO PIU’ PROFONDO

Il primo passo di Bohm e’ assumere che le particelle come gli elettroni esistono davvero anche in assenza dell’osservatore. Assume inoltre che esiste una realta’ piu’ profonda al di la’ dell’impenetrabile muro di Bohr, un livello subquantico che ancora attende di essere scoperto.

A partire da queste due premesse, si rende conto che e’ sufficiente ammettere l’esistenza del nuovo livello per spiegare le scoperte della fisica quantistica con la stessa sicurezza che aveva Bohr nei suoi studi. Bohm chiama questo nuovo livello “potenziale quantico” e teorizza che, come la forza di gravita’, sia presente in tutto lo spazio. Tuttavia, a differenza dei campi gravitazionali, magnetici, ecc., l’influenza non diminuisce con la distanza… cioe’ il suo effetto ha la stessa “forza” ovunque, in ogni punto dell’Universo.

Bohm pubblica la sua interpretazione alternativa della teoria quantistica nel 1952.

Le reazioni del mondo scientifico sono quasi tutte negative. La maggior parte degli scienziati e’ talmente certa che non ci possono essere spiegazioni alternative, che semplicemente ridicolizzano le idee di Bohm. Altri lanciano attacchi appassionati, basati soprattutto su differenze filosofiche, ma il fatto e’ che il punto di vista di Bohr e’ talmente radicato tra i fisici dell’epoca che la posizione alternativa di Bohm e’ vista come una sorta di eresia alla dottrina dominante.

Nonostante la severita’ degli attacchi, Bohm rimane fermo nella sua convinzione che c’e’ da dire di piu’ sull’idea stessa di Realta’ di quanto Bohr non voglia, o non sappia, ammettere. Bohm sente inoltre che la prospettiva della scienza e’ troppo limitata quando si tratta di prendere in seria considerazione idee radicalmente nuove come la sua, cosi’ nel 1957 scrive il libro Causality and chance in Modern Physics, ove esamina i pregiudizi filosofici che sono alla base di questo atteggiamento. Uno di questi e’ l’assunzione che qualunque teoria puo’ sperare di essere completa rispetto alla materia che studia – come la fisica quantistica di Bohr pensa di se stessa. Bohm critica con forza questa assunzione, osservando che la Natura puo’ benissimo essere infinita, e siccome nessuna teoria puo’ pensare di spiegare completamente qualcosa di infinito, Bohm suggerisce di evitare l’assunzione stessa, assumendo invece un atteggiamento di apertura mentale nella ricerca scientifica.

Nello stesso libro, Bohm sostiene poi che l’interpretazione scientifica della “causalita’” e’ limitata. Molti effetti osservabili negli esperimenti o in Natura sono pensati come aventi una o piu’ cause; Bohm pensa invece che un effetto possa avere anche infinite cause. Ad esempio, se chiedete a qualcuno che cosa ha “causato” la morte di John F. Kennedy, la risposta puo’ essere “la pallottola sparata dal fucile dell’assassino”… ma una lista piu’ completa dovrebbe includere tutti gli eventi che hanno contribuito alla costruzione del fucile, degli eventi che hanno fatto si’ che l’assassino desiderasse uccidere Kennedy, e poi tutti i passi dell’evoluzione umana che hanno contribuito a creare una mano prensile che possa impugnare il fucile, ecc., ecc., ecc.

Bohm ammette che nella stragrande maggioranza dei casi si ignora l’enorme cascata di eventi che producono un certo effetto, ma ritiene che sia ugualmente importante per gli scienziati ricordare che non c’e’ una semplice relazione di “singola causa – effetto” separata dal resto dell’Universo, pensato da Bohm come un tutt’Uno.

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Durante lo stesso periodo, Bohm continua a precisare il suo approccio alla fisica quantistica. Piu’ presta attenzione al significato del “potenziale quantico”, e piu’ si rende conto che ha delle proprieta’ che implicano un contrasto ancora piu’ radicale con la scuola ortodossa. Una di queste e’ l’importanza dell’ “Unita’ del Tutto” (“Wholeness” in inglese). La scienza classica interpreta da sempre lo stato di un sistema come Unita’ solo come risultante dell’interazione delle parti. Invece, il potenziale quantico supera questa visione e suggerisce invece che il comportamento delle parti e’ in effetti proprio organizzato dall’Unita’. Non solo questo va a toccare l’affermazione del “rivale” Bohr che le singole particelle sono “cose” indipendenti… non solo va ad affermare che esse fanno invece parte di un sistema indivisibile… addirittura suggerisce che la “Unita’ del Tutto” e’ la primaria e fondamentale realta’.

Cio’ puo’ anche spiegare in che modo gli elettroni nel plasma (ed altri stati particolari noti come superconduttivita’) possano comportarsi come Unita’ completamente interconnesse. Come dice Bohm, “tali elettroni in effetti non sono sparpagliati perche’, attraverso l’azione del potenziale quantico, il Sistema intero e’ soggetto ad un unico movimento coordinato, che somiglia piu’ alla danza di un balletto che a una folla di persone prive di organizzazione.” Ancora una volta nota che “questa Unita’ quantica del movimento e’ piu’ simile all’unita’ organizzata con cui funzionano le parti del corpo di un essere vivente, piuttosto che il tipo di unita’ che si ottiene mettendo soltanto insieme pezzi di un meccanismo.”

Un’implicazione ancora piu’ sorprendente riguardava la natura della “locazione”. A livello di esperienza quotidiana che tutti abbiamo, ogni cosa ha una sua specifica locazione, cioe’ luogo in cui si trova e da cui ha eventualmente degli effetti sul mondo circostante… ma l’interpretazione di Bohm implica che a livello subquantico, ove opera appunto il potenziale quantico, la “locazione” semplicemente cessa di esistere. Tutti i punti nello spazio diventano del tutto uguali a tutti gli altri puni dello spazio, ed e’ del tutto privo di significato parlare di qualunque cosa come “separata” da qualunque altra cosa. Questa proprieta’ viene detta dai fisici “non localita’ ”.

L’aspetto non-locale del potenziale quantico permette a Bohm di spiegare il collegamento tra particelle gemelle senza violare il divieto della teoria della relativita’ speciale, per cui nulla puo’ viaggiare ad una velocita’ superiore a quella della luce. Per illustrare in che modo, costruisce la seguente analogia: immaginate che un pesce stia nuotando in un acquario. Immaginate anche di non aver mai visto prima ne’ un pesce ne’ un acquario, e che tutto cio’ che sapete di essi vi provenga da due telecamere televisive, una puntata frontalmente verso l’acquario, ed un’altra di lato.

Quando osservate i due monitor televisivi, potreste assumere erroneamente che i pesci sui due schermi siano entita’ differenti. Dopotutto, essendo le telecamere posizionate con angolazioni diverse, ognuna delle due immagini sara’ leggermente diversa. Continuando a guardare attentamente, ad un bel momento potreste rendervi conto che esiste una relazione tra i “due” pesci. Quando uno si gira, anche l’altro lo fa. Quando uno guarda di fronte, l’altro guarda sempre di lato, ecc… Se non siete consapevoli della situazione, potreste ancora una volta sbagliarvi assumendo che i “due” pesci comunicano tra di essi in modo istantaneo, con qualche strumento sconosciuto. L’ipotesi sarebbe sbagliata per il semplice motivo che, ad un livello piu’ profondo, che e’ poi la realta’ dell’acquario, i “due” pesci sono in effetti un pesce solo. Secondo Bohm, questo e’ esattamente cio’ che succede tra “particelle gemelle”, come ad esempio due fotoni emessi dal decadimento di un atomo di positronio.

Infatti, poiche’ il potenziale quantico permea tutto lo spazio, tutte le particelle dell’Universo sono connesse non-localmente. Sempre piu’ la descrizione di Realta’ di Bohm non e’ quella ove particelle scollegate si muovono nel vuoto dello spazio, ma quell’altra ove tutte le cose sono parte di un’unica ragnatela, incorporate in uno spazio che e’ reale e ricco di fenomeni fisici non meno della materia che pare attraversarlo.

L’idea di Bohm lascia perplessi ancora moltissimi scienziati, ma risveglia l’interesse di alcuni. Uno di questi e’ John Stewart Bell, fisico teorico del CERN, centro per la ricerca atomica vicino a Ginevra. Come Bohm, Bell e’ scontento con lo stato della fisica quantistica, e sente che ci deve essere un’alternativa. Come dira’ piu’ tardi, “Nel 1952 vidi lo scritto di Bohm. La sua idea era di completare la meccanica quantistica affermando che ci sono delle variabili nascoste, in aggiunta a quelle che tutti conosciamo. Cio’ mi impressiono’ enormemente.”

Bell capisce anche che la teoria di Bohm implica l’esistenza della non-localita’, e si chiede se ci sia la possibilita’ di verificarlo in qualche modo, sperimentalmente. La questione rimane nella sua testa per anni fino al suo anno sabbatico nel 1964, che gli da’ la liberta’ di concentrarsi del tutto sulla questione. Concepisce cosi’ una elegante prova matematica, passata alla Storia come “Teorema di Bell” o “Diseguaglianza di Bell”, che spiega in che modo si possa concepire un esperiemento che risolva una volta per tutte la questione. Ahime’, il livello tecnologico della sua epoca non permette di realizzare concretamente l’esperimento, perche’ per dimostrare che “particelle gemelle”, come ad esempio quelle del paradosso EPR, non comunicano tra di loro, l’esperimento stesso deve essere compiuto in un lasso di tempo infinitesimale, tale da non permettere nemmeno ad un raggio di luce di andare da una particella all’altra.

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Alla fine degli anni ’50, David Bohm diventa ricercatore all’Universita’ di Bristol, in Inghilterra; con un giovane ricercatore, Yakir Aharonov, scopre un nuovo importante esempio di interconnessione: sotto certe specifiche circostanze, un elettrone e’ in grado di “percepire” la presenza di un campo magnetico in regioni dello spazio ove e’ nulla la probabilita’ di trovare l’elettrone stesso. Questo fenomeno, passato alla storia come “effetto Aharonov-Bohm” viene contestato da molti fisici, che semplicemente non lo credono possibile. Persino al giorno d’oggi rimane un certo scetticismo presso alcuni scienziati, nonostante sia stato confermato in numerosi esperimenti… di tanto in tanto appiono ancora dei lavori che tentano di negarlo.

Bohm, come sempre, accetta stoicamente la reazione prevalente della comunita’ scientifica, e continua con voce ferma a sostenere che “il Re e’ nudo!”. In un’intervista condotta anni dopo, riassume la filosofia alla base del proprio coraggio: “a lungo termine, e’ molto piu’ pericoloso aderire ad un’ illusione che affrontare a viso aperto i puri e semplici fatti!”.

Nonostante cio’, la circoscritta reazione della comunia’ scientifica alla sua idea sul­l’im­por­tanza dell’ “Unita’ del Tutto”, e la sua stessa incapacita’ di concepire come procedere in questa direzione, lo portano a spostare l’attenzione ad altri campi di ricerca.

Negli anni ’60, inizia ad occuparsi del concetto di Ordine. La scienza classica in genere divide le cose in due categorie precise: quelle le cui parti rispondono ad una certa struttura, e quelle le cui parti sono dominate dal puro caso. Ad esempio i fiocchi di neve, i computer e gli organismi viventi sono tutti “cose ordinate”; lo schema di un pugno di chicchi di caffe’ caduti sul pavimento, i frammenti di una esplosione, la serie di numeri generati da una roulette del casino’ sono tutti esempi di “cose disordinate”.

Man mano che penetra la materia, Bohn si rende conto che esistono diversi gradi di ordine. Alcune cose appaiono “piu’ ordinate” di altre, e cio’ puo’ significare che non esiste limite alle gerarchie di ordine che esistono nell’Universo. Da questo pensiero, inizia a concepire l’idea che le “cose” che percepiamo come “disordinate”, forse non lo sono affatto, o almeno non sempre. Forse obbediscono ad un “ordine piu’ alto” di quello che a prima vista appare come casualita’ (tra parentesi, e’ interessante notare che i matematici non sono in grado di provare la casualita’, e sebbene alcune sequenze di numeri vengano dichiarate come “casuali”, in realta’ le dichiarazioni sono semplici supposizioni).

Immerso in questi pensieri, Bohm si trova un bel giorno a guardare un programma della BBC che lo aiuta a sviluppare l’idea piu’ profondamente… il programma descrive un semplice meccanismo formato da un cilindro di vetro che contiene al suo interno un altro cilindro rotante di diametro piu’ piccolo. Lo spazio interno del contenitore viene riempito con glicerina – liquido molto denso e trasparente – e, all’interno della massa di glicerina, si vede un punto d’inchiostro.

Quando la manopola che fa girare il cilindro piu’ interno viene fatta ruotare, la macchia di inchiostro si diffonde all’interno della glicerina, prima descrivendo una circonferenza, e poi pian piano sparendo… ma non appena si inizia a ruotare la manopola nella direzione opposta, la tenue traccia d’inchiostro ricomincia ad apparire, e pian piano riforma la macchia originaria.

Bohm scrive “Questo esempio mi colpi’ immediatamente perche’ e’ molto significativo circa la questione dell’Ordine, poiche’, quando la macchia d’inchiostro e’ diffusa nella glicerina, continua tuttavia a mantenere un ordine “nascosto” (cioe’ “non manifesto”), che si rivela solo nel momento in cui la macchia viene ricostituita. D’altra parte, nel nostro linguaggio comune, noi tendiamo a dire che l’inchiostro nella glicerina, mentre e’ diffuso, e’ in uno stato di “disordine”. Cio’ mi porta a pensare che, in questo esempio, sono implicate nuove nozioni di ordine”.

La scoperta eccita moltissimo Bohm, dandogli un nuovo punto di vista a molte questioni scientifiche che stava considerando. Dopo l’esempio del cilindro con la glicerina, si rende presto conto di una metafora ancora piu’ potente per descrivere diversi livelli di Ordine, che non solo riesce a rimettere insieme i diversi campi di ricerca che aveva affrontato negli anni precedenti, ma sembra addirittura talmente azzeccata da sembrare fatta apposta. La metafora e’ l’ologramma.

Non appena inizia a riflettere sull’ologramma, si rende conto che esso gli fornisce immediatamente un nuovo modo di considerare il concetto di “Ordine”. Come la macchia d’inchiostro quando diventa invisibile perche’ diffusa nella glicerina, lo schema d’interferenza registrato su un pezzo di pellicola olofotografica appare a prima vista disordinato. Entrambi posseggono cio’ che Bohm chiama Ordini nascosti o “avvolti” nello stesso modo in cui l’ordine del plasma e’ “avvolto” nel comportamento apparentemente casuale di ogni singolo elettrone. Questo pero’ non e’ il solo spunto che trova nell’idea di ologramma.

Piu’ ci pensa e piu’ si convince che l’Universo stesso usa principi olografici nel suo esistere e funzionare, gli appare esso stesso come un gigante ologramma in perenne flusso, e questa idea gli permette di aggregare tutte le intuizioni che ha avuto nel corso degli anni in una sola e coerente Unita’.

Pubblica i primi lavori sul tema all’inizio degli anni ’70, e nel 1980 presenta una selezione matura dei propri pensieri nel libro intitolato “Wholeness and the Implicate Order” (mia traduzione – “L’Unita’ del tutto e l’Ordine implicato”), opera in cui fa molto di piu’ che semplicemente legare insieme la miriade di idee che ha avuto: le trasforma in un modo nuovo di osservare la realta’, tanto radicale da lasciare senza respiro.

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Ordini nascosti e Realta’ svelate

Una delle affermazioni piu’ sorprendenti di Bohm e’ che la realta’ tangibile della nostra vita quotidiana e’ in effetti una qualche specie di illusione, come un’immagine olografica. Al di sotto si essa esiste un ordine piu’ profondo di esistenza, un vasto e piu’ primario livello di realta’che origina tutti gli oggetti e cio’ che appare nel nostro mondo fisico abituale, in modo analogo con cui un pezzo di pellicola olografica crea un ologramma. Bohm battezza questo profondo livello di realta’ “ordine implicato”, ove la parola “implicato” ha il significato di “nascosto”.

Sceglie di usare queste specifiche parole perche’ ritiene di vedere che la manifestazione di tutti gli oggetti e tutte le forme nell’Universo sono il risultato di infiniti processi di “uscita” e “rientro” tra questi due livelli di ordine. Per esempio, Bohm e’ convinto che l’elettrone non sia semplicemente una mera “cosa”, ma una “totalita’ ” che si nasconde attraverso l’intero spazio. Quando uno strumento rivela la presenza di un singolo elettrone, lo fa semplicemente perche’ un aspetto peculiare dell’elettrone si svela, in modo simile allo svelarsi in uno specifico punto della goccia d’inchiostro immersa nella glicerina. Quando poi un elettrone pare muoversi, si verifica in effetti una sequenza di “emersioni” ed “immersioni” tra i due livelli di ordine.

Detto in altre parole, gli elettroni e le altre particelle non sono piu’ sostanziali o permanenti della forma di un getto d’acqua che fuoriesce da una fontana; sono sostenuti da un costante emergere dall’ordine nascosto, e quando pare che una particella venga distrutta, non e’ andata perduta, ma si e’ semplicemente reimmersa indietro nell’ordine piu’ profondo da cui era emersa.


Un pezzo di pellicola olografica e l’immagine che genera sono anch’essi un bell’esempio di ordine implicato ed esplicato. La pellicola e’ un ordine implicato (“nascosto”) perche’ l’immagine codificata nello schema d’interferenza impresso su di essa e’ una totalita’ nascosta su una piccola superficie. L’ologramma che emerge successivamente dalla pellicola e’ un ordine esplicato (“rivelato”) perche’ rappresenta la versione scoperta e percettibile dell’immagine.

Il flusso costante tra i due ordini spiega in che modo le particelle, come ad esempio l’elettrone e l’atomo di positronio, possano cambiare forma e passare dall’essere una certa particella a un’altra. Queste mutazioni si possono interpretare come una particella, ad esempio un elettrone, che decide di tornare a nascondersi nell’ordine implicato, mentre un’altra, il fotone, si svela e ne prende il posto. Cio’ spiega anche in che modo una certa particella riesca a manifestarsi sia come particella che onda. Secondo Bohm, entrambi gli aspetti sono sempre nascosti in un sistema quantico, ma il modo in cui l’osservatore interagisce con il sistema determina quale aspetto di esso emerga e quale invece rimanga nascosto. Come tale, il ruolo che assume l’osservatore nel determinare la forma che un sistema quantico assume e’ misterioso… e’ come se il modo con cui un gioielliere taglia una gemma determina quale delle sue facce e’ visibile e quale no. Poiche’ la parola ologramma si riferisce di solito ad un’immagine statica che non da’ il senso di dinamismo della natura e dei suoi continui fenomeni di “uscita” e “rientro” tra i due livelli di ordine, Bohm preferisce descrivere l’Universo stesso con la parola “olomovimento”.

L’esistenza di un ordine piu’ profondo ed organizzato in modo olografico spiega anche per quale motivo la realta’ e’ non-locale a livello subquantico. Come sappiamo (si vedano ad esempio gli articoli su “Karl Pribram ed il cervello olografico”), quando qualcosa e’ organizzato in modo olografico, ogni apparenza di fenomeni locali semplicemente sparisce. Dire che ogni parte di una pellicola olografica contiene l’informazione della pellicola intera e’ solo un modo diverso di dire che l’informazione stessa e’ distribuita in modo non-locale, per cui se anche l’Universo fosse organizzato con principi olografici, anch’esso non dovrebbe avere proprieta’ locali.

L’indivisibile Unita’ di Tutte le cose

Le idee di Bohm sulla “Unita’ del Tutto” sono le piu’ difficili da digerire a livello razionale. Poiche’ ogni cosa nel cosmo sembra emergere dall’infinito e continuo mare olografico dell’ “ordine implicato”, egli crede che sia inutile e senza significato considerare l’Universo come costituito da “parti”… sarebbe come considerare gli spruzzi di una fontana indipendentemente dall’acqua che li crea.

Un elettrone in questa visione non e’ una “particella elementare”. E’ solo il nome che si da’ ad un certo aspetto particolare dell’olomovimento. Dividere la realta’ in pezzi, dare ad ognuno di essi un nome, e’ sempre un processo arbitrario, il risultato di una convenzione, perche’ le particelle subatomiche, ed ogni altra cosa nell’Universo, sono non piu’ separate le une dalle altre di quanto lo siano i vari schemi di fantasia in un tappeto.

Questa visione e’ un profondo invito a riflettere. Con la sua teoria della relativita’, Einstein lascio’ il mondo a bocca aperta dicendo che lo spazio ed il tempo non sono entita’ separate, ma collegate in qualcosa di piu’ grande detto continuum spaziotemporale. Bohm prende questa idea e la porta molto al di la’. Egli dice che ogni cosa nell’Universo e’ parte di un continuum. Nonostante l’apparente separatezza delle cose a livello esplicato, ogni cosa e’ l’infinita estensione di ogni altra cosa, ed in definitiva persino i due ordini, implicato ed esplicato, affondano e si confondono uno nell’altro.

Fermatevi ora un attimo. Osservate la vostra mano. Ora guardate il fascio di luce proiettato dalla lampada accanto a voi. Al cane che riposa vicino ai vostri piedi. Voi non siete solo “fatti delle stesse cose” (gli atomi ad esempio) – voi siete la stessa cosa. Una cosa. Intera. Un enorme “qualcosa” che ha esteso le sue infinite mani ed appendici in tutti gli oggetti che appaiono, negli atomi, negli oceani, nelle stelle.

Bohm chiarisce che cio’ non significa che l’Universo sia una gigante massa indifferenziata. Gli oggetti possono essere parte di un Tutto indiviso eppure possedere ognuno le proprie uniche qualita’ ed attributi. Per fare un esempio, si pensi agli infiniti rivoli, mulinelli e vortici che si creano in un corso d’acqua. A prima vista possono sembrare come oggetti distinti, ed ognuno ha senz’altro sue caratteristiche proprie come la dimensione, la velocita’ di rotazione, ecc… facendo pero’ piu’ attenzione ci si rende conto che in effetti e’ impossibile stabilire esattamente dove ogni vortice inizia e dove finisce. In altre parole, Bohm non sta affatto suggerendo che la “differenza” tra le cose non sia priva di importanza… egli semplicemente vuole che siamo consapevoli che il dividere i vari aspetti dell’olomovimento in “cose” e’ sempre un’astrazione, un modo di evidenziare solo alcuni aspetti nella nostra percezione, attraverso il modo che abbiamo di pensare alla realta’. Bohm tenta di correggere questo atteggiamento persino riformando il linguaggio, per cui invece di parlare di “cose”, le ribattezza come “subtotalita’ relativamente indipendenti”…

Certamente Bohm ritiene che la tendenza quasi universale di frammentare il mondo ed ignorarne l’interconnessione dinamica e’ responsabile per un gran numero di problemi importanti, non solo nella scienza ma proprio nelle nostre vite e nella societa’. Ad esempio, pensiamo di poter estrarre ricchezza dal suolo senza danneggiarne il complesso. Pensiamo di poter agire su singole parti del nostro corpo, senza avere effetti sul suo complesso. Pensiamo di poter risolvere un sacco di problemi nella societa’, come il crimine, la poverta’, la dipendenza dalla droga, senza mettere attenzione alla societa’ come complesso unitario.

Fonte: grandipassioni.com

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